Palazzo Visocchi-Bartolomucci è una residenza d’epoca, denominata Palazzo del Senatore in ricordo di Alfonso Visocchi, benemerito senatore del Regno, e ubicata nella piazza principale del centro storico di Atina.
L’atmosfera dell’antica dimora di famiglia, il comfort e l’armonia dell’antico con il moderno per un’ospitalità di casa e per un’esperienza autentica in dodici stanze dalle varie tipologie.
Tre suite e tre junior suite al piano nobile, arredate con cura e impreziosite con mobili antichi e raffinati tendaggi, sei stanze nell’atmosfera intima e avvolgente della mansarda.
Bagni in marmi colorati e pavimenti in parquet, la spettacolare terrazza dell’ultimo piano per godere il panorama della Valle di Comino, quella del piano terra per la prima colazione e l’aperitivo. L’area fitness e la bike room per una vacanza attiva.
La storia del palazzo e della famiglia
I Visocchi, provenienti dall’Est dell’Europa, giungono ad Atina alla fine del 1500 e si stabiliscono nel palazzo adiacente quello dei Cantelmo, all’interno delle mura cittadine.
Nella seconda metà del 1700, il ramo della famiglia dedito all’imprenditoria agricola e discendente da Francescantonio, inizia la costruzione di questo palazzo fuori le mura, che poi sarà la residenza dei secoli successivi.
Alla metà del 1800 l’attività imprenditoriale dei Visocchi si estende al settore industriale con la Cartiera sul fiume Melfa e con lo Stabilimento Enologico, che Pasquale (n. 1817 e m. 1908), celebre per aver impiantato nella zona i vitigni importati dalla Francia e per aver iniziato la produzione del cabernet di Atina, colloca nei piani bassi del palazzo. La crescita della produzione di vari vini di qualità dello Stabilimento Enologico Fratelli Visocchi determina, nella seconda metà del 1800, la costruzione dell’ala del palazzo verso nord/est, che rimarrà gravemente danneggiata dagli eventi del secondo conflitto mondiale.
I Visocchi, liberali e antiborbonici, sono particolarmente attivi nel periodo risorgimentale, in particolare con Giacinto (n. 1819 e m. 1854), autore del “Catechismo giornaliero per la Guardia Nazionale”, ritenuto sovversivo, per questo processato dalla Gran Corte Criminale di S. Maria Capua Vetere nel 1850 e poi esiliato.
Con l’Unita d’Italia si affermano nella politica. Per settant’anni consecutivi in Parlamento, con Alfonso (n. 1831 e m. 1909), deputato e senatore, con Achille (n. 1863 e m. 1945), deputato, senatore e ministro, poi con Guglielmo (n. 1900 e m. 1959) eletto nel 1946 all’Assemblea Costituente. La famiglia, anche con l’opera di Pasquale, di Francescantonio (n. 1834 e m. 1905), consigliere provinciale, di Orazio (n. 1861 e m. 1935), consigliere e presidente della Provincia di Caserta, e di Giuseppe (n. 1850 e m. 1930), Sindaco di Atina per 32 anni, ha svolto un ruolo di primo piano nelle vicende economiche e politico-amministrative di Terra di Lavoro. Ha dato impulso ad Atina e nella valle di Comino sia all’istruzione pubblica, costruendo a proprie spese i palazzi dell’Asilo Infantile Beatrice e della Scuola Elementare Giuseppe Visocchi (ora museo archeologico e biblioteca) e istituendo la scuola di agricoltura e quella di disegno, sia alla cultura, restaurando il teatro comunale all’interno di Palazzo Cantelmo, poi distrutto dai bombardamenti angloamericani.
I Visocchi si imparentano con i Sipari e con Benedetto Croce a seguito del matrimonio di Orazio Visocchi e Lucrezia Sipari nel 1887, con i Bartolomucci a seguito del matrimonio di Bice Visocchi con Olindo Bartolomucci nel 1919.
Al termine della ristrutturazione del palazzo, l’architetto Giuseppe Picano e l’ingegnere Bernardo Bartolomucci, progettisti e direttori dei lavori, raccontano la loro esperienza.
“Quando si pensa ad un palazzo si immagina un unicum costituito da un insieme di ambienti, in più piani, con soffitti alti, magari a volta, con una scala importante di rappresentanza ed altre secondarie per il disbrigo delle altre funzioni, con belle facciate, di “ordinato disegno”, ed una cappella, che lo connotano e lo nobilitano. Nel Palazzo Visocchi-Bartolomucci di Atina, elegante residenza di fine ‘700, questi caratteri riconoscitivi ci sono tutti”, dice l’architetto Picano.
L’ingegnere Bartolomucci aggiunge:
“Chi si avventura nella ristrutturazione di un edificio come questo deve avere l’umiltà ed il rispetto tipici di chi vuole inserirsi in una vita lunga ventitré secoli. Vi si incontrano i segni della storia: le rughe lasciate dai numerosi terremoti, i vuoti, le macerie e le ricostruzioni successive alle bombe della seconda guerra mondiale. Nel 2011 abbiamo iniziato l’analisi di un complesso le cui basi poggiano su di un pendio di roccia calcarea degli Appennini e si sviluppano sulle mura romane del II secolo a.C. e su quelle medioevali fino ad arrivare alle mura più recenti del XVIII/XIX secolo, tuttora visibili al piano seminterrato e ai piani superiori”.
Dai disegni custoditi nell’archivio di famiglia, si vede che, nel XIX secolo, l’edificio, originariamente di forma rettangolare, fu notevolmente e ripetutamente ampliato verso nord e verso ovest, fino ad assumere la forma di una “L”, in cui continuava ad espandersi lo “Stabilimento Enologico F.lli Visocchi”, che richiedeva spazi sempre maggiori per la crescita della sua produzione.
Secondo l’uso del tempo, lo stabilimento occupava i piani inferiori ed era in comunicazione con la campagna della valle sottostante, mentre i piani superiori, che comunicavano con il centro del paese, erano abitati da una numerosa ed operosa famiglia con la sua servitù. L’idillio fu distrutto dalle bombe alleate del 1943-44, che lasciarono in piedi, benché fortemente danneggiata e privata della cappella e della galleria affrescata, soltanto la parte più antica del palazzo.
L’ingegnere Bartolomucci racconta:
“Nel progetto abbiamo ripensato il palazzo, volevamo che vivesse una nuova stagione. Il primo intervento è stato la demolizione del tetto: è stato interamente ricostruito in legno lamellare lasciato a vista in un delicato colore bianco, che contrasta con il ferro della nuova scala e con il nero lucido dell’ascensore. Le difficoltà costruttive, che abbondano in questo genere d’interventi, sono state superate grazie alla maestria dei molti tecnici ed operai, i quali, con grande pazienza e con molta fatica, sono riusciti ad innestare le nuove strutture leggere in legno o in acciaio tra le mura in pietra, trattandole sempre con la delicatezza che si percepisce dall’armonia con cui si fonde il nuovo con l’antico e lasciando in vista, tra le pietre, i particolari delle nuove opere, che non sfuggono agli occhi dei più attenti.”
Continua l’architetto Picano:
“Nel progetto di ristrutturazione si voleva che rimanesse integra l’atmosfera, la successione degli spazi al piano di rappresentanza e, soprattutto, la signorilità del Palazzo di “famiglia”.L’intervento di maggiore impegno è stato quello di conservare questi caratteri distintivi, pur dovendo affrontare la ridistribuzione degli spazi interni in una nuova suddivisione funzionale, atta alla destinazione del palazzo”.
E così molti ambienti emanano ancora un’antica suggestione, anche perchè arredati “con tutto ciò che c’era”, accostato ad elementi contemporanei. Molti arredi dell’antica dimora sono stati recuperati e ridati a nuova vita. Si è evitata una mera scelta filologica, privilegiando tessuti che avessero solo particolari richiami con il passato, lo stesso per le varie coloriture degli ambienti.
Conclude l’architetto Picano:
“Nella ristrutturazione abbiamo cercato, nella sintesi degli elementi, quel rigore che, pur esaltando gli elementi salienti dell’edificio, non desse spazio a manierismi; con una sola eccezione: la terrazza del piano terra, che offre agli ospiti una fantasiosa scenografia, una sorta di “piazzetta privata” con vista sulla Valle di Comino, pensata in alternativa alle vere piazze di Atina”.
Iscriviti alla Newsletter del “Palazzo del Senatore” per ricevere notizie e promozioni dedicate